martedì 25 dicembre 2018


C’era una volta un cane
che aveva un senso immane
del proprio essere “umano”.
Se può sembrarvi strano 
dirò per completezza
che in questa sua stranezza
trovava ben più lenza
di quel che non si pensa.
E sì che era educato
ma a forza di esser stato
condotto al gran passeggio
con tanto di corteggio,
così, di punto in bianco
-a un tratto vecchio e stanco-
steso sul lastricato
aveva cominciato
a farsi due domande
su le più venerande
tra quelle istituzioni
che tanti buontemponi
(come chi si balocca)
portano sempre in bocca:
Governo, parlamento,
rendite e rendimento
istanze identitarie
e leggi finanziarie
Senato, commissione,
norme e costituzione,
furbetti della casta
con piedi e mani in pasta,
province da cassare
birbanti da multare,
la fuga dei cervelli
(tutti giovani e belli)
gli eurocrati agghindati
e i branchi di immigrati,
pensioni e quota cento
ragione e sentimento
e fole, e ancora fole
e fiumi di parole.
Quel cane, si diceva, 
guardava e non credeva
ai suoi poveri occhi:
“che siano tutti allocchi?”
andava riflettendo
“dove stiamo finendo”
e visto che la gente
valeva poco o niente
e a parte chiacchierare
non arrivava a fare
se non mangiare ad ufo,
si disse: sono stufo,
con tanti burattini 
che inseguono i quattrini
e abbaiano contenti
da palchi e parlamenti
un po’ di intraprendenza
può far la differenza…
basta saper parlare, 
mi voglio candidare!
In mezzo a tante grane
in fondo un altro cane
non è che un diversivo
tutt’altro che abusivo.
Or dunque, il nostro cane
con le sue idee balzane
stava con un signore,
un gran commendatore
un tipo bello grasso
che lo portava a spasso,
e all’or del desinare
gli dava da mangiare
e un materasso rotto
per stare bello chiotto.
Ci stava proprio bene,
niente reti o catene,
ma ormai l’aspirazione
ad esser lui il padrone
lo aveva spinto avanti.
Così, tra i disincanti,
volendo far sondaggio
un dì prese coraggio
per fare, bene o male
campagna elettorale.
“Permette una domanda?
visto chi vi comanda
dov’è la differenza 
tra me e vostra eccellenza?”
Gli chiese a bruciapelo.
“In cambio del mio zelo
se abbaio, piango e strillo
per farmi star tranquillo
mi date una cosuccia
e mi rimetto a cuccia.
Però finché non raglio
per me resta il guinzaglio
come ad ogni molosso
…la ciotola e un bell’osso”.
Quell’uomo, a dire il vero,
restò sovrappensiero,
poi disse senza indugio:
“certo, caro segugio,
le scimmie ed i somari
che fanno i dignitari
rodendosi ogni spicchio
di questo governicchio
non son meglio dei cani!
E’ vero, e da domani
visto che mi hai convinto
e ti sei ben distinto
per tutti questi anni 
nel limitare i danni
ad essere fedele
servile e tutto miele,
sarai di certo adatto
da cane a farti gatto
fino a fare le fusa
persino a chi ti accusa,
ringhioso ai disgraziati
umil coi deputati
per far dazi e gabelle
tra lega e cinquestelle:
in fondo sai abbaiare
…puoi pure governare!”
Ecco, narrato in breve
a cosa poi si deve
se un branco di cialtroni
ci tratta da padroni.
Per l’anno nascituro
sarebbe di sicuro
più giusto e pure bello
ridare via al cervello
riporre i somarelli
nei loro allegri ostelli
e i cani e le bertucce
…di nuovo nelle cucce!

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