domenica 10 agosto 2014




Quilp… chi era costui?

Quilp è un nano cattivo, per cominciare. È un personaggio negativo all’ennesima potenza, come nella migliore tradizione dickensiana, uno di quei personaggi per i quali non è prevista redenzione. È il nero assoluto, il colosso privo d’ombra, la macchia senza sfumature; è il mare d’inchiostro in una notte senza luna, il buio più buio del buio, quel buio indispensabile, se vuoi scorgere la luce. È un estremo, un eccesso, un paradigma. Ed è anche brutto, a dirla tutta, e parecchio; e la bruttezza lo spinge ad essere ancora più emarginato, e l’emarginazione lo fa essere ancora più cattivo… brutto, brutto e cattivo: punto!
Perché Quilp, allora? Perché bearsi di apparire brutti e cattivi? Perché rimestare il fondo? Per sentirsi almeno una volta un paradigma? Per essere eccentrici, caustici e maligni e piacere alla gente, senza piacergli? Spero di no in effetti, perché qui, a guardare bene, non si parla di Quilp ma del suo molo. Per il molo, dunque, per la catapecchia, per l’ammasso di ferri contorti e arrugginiti, di ancore e velacci, di vecchie polene scrostate, cime sfilacciate e bozzelli cigolanti echi di pirateria e di mirabolanti avventure, pezzetti di fantasia pronti a sgocciolare in un nuovo mare, a tornare a galla, a navigare di nuovo.
Perché Quilp è brutto e cattivo, ma il suo molo è “buono”. Perchè il molo è la tana, la cuccia, l’isola dimenticata dove approdano i rottami delle idee e le idee da rottamare. Perché il molo è la periferia, il contorno, il margine discreto dove alla fine tutto finisce per poter ricominciare.
Forse è per questo, per la qualità di avanzo, di schizzo, di gioco e di scarto recuperato, arenato, dimenticato e pronto a riprendere vita, che non riesco a disegnare nel mezzo del foglio, che la matita e il colore cercano inevitabilmente l’angolo, lo spigolo, il margine.
Perché solo dal margine e dal suo approdo i disegni e le rime escono dalle secche del foglio e riprendono il largo, con tutte le cose, quelle vecchie e quelle nuove, le barchette e i transatlantici, gli echi, le urla, le canzoni, i colori e le idee che, dai e dai, in quasi quarant’anni di salti e capriole, mi si sono arenate in testa, incagliate nella penna, impelagate nel dubbio: sarò capace?
… alla fine mica importa: se non riuscirò a navigare coi buoni giganti mi accontenterò di galleggiare in compagnia di Quilp, il nano cattivo.


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